Palazzo Ubaldini

L’architettura rinascimentale al servizio dei potenti conti della Carda

Arrivando da lontano diretti verso Apecchio, un punto focale ci guida, come una stella polare su cui inevitabilmente il nostro sguardo si fissa. È Palazzo Ubaldini, la testimonianza più impressionante che ci rimane della grande famiglia a cui la storia cittadina è legata: gli Ubaldini, in particolare il ramo cadetto della Carda. Il progetto del Palazzo porta la data del 1477 e la firma dell’architetto che tante prove del suo genio ha lasciato nel Montefeltro: Francesco di Giorgio Martini. Il Palazzo, purtroppo vittima insieme al resto di Apecchio di un terribile terremoto, conserva ancora parti originali che ne lasciano indovinare lo splendore che si confaceva alla residenza dei membri di questa nobile dinastia. È il porticato all’ingresso che per primo ce lo dimostra. Geometricamente impeccabile come le regole rinascimentali imponevano, è scandito da otto colonne in pietra arenaria culminanti in classicheggianti capitelli ionici, che guidano lo sguardo fino alle finestre elegantemente incorniciate del primo piano, oggi sede del Municipio. Sulla parete alla destra dell’ingresso, tre grandi pannelli riproducono il capolavoro di Paolo Uccello, la Battaglia di San Romano. Quest’opera ci aiuta a capire quanto gli Ubaldini siano stati protagonisti della storia rinascimentale. Il quadro centrale ritrae un triste episodio per la famiglia: il disarcionamento di Bernardino della Carda, conte di Apecchio e capitano di ventura, alla guida dell’esercito senese contro quello fiorentino. Al centro del cortile interno, una piccola botola ci segnala quella che era l’apertura dell’antica neviera, utilizzata per la conservazione dei cibi, che si sviluppa nei sotterranei del Palazzo, anch’essi rimasti identici dai tempi del progetto del Martini. Molto spaziosi, questi ambienti ospitavano la scuderia, la cucina e la cantina. Qui sono stati recuperati due pigiatoi, da cui stillavano i vini serviti per allietare i fastosi banchetti. Ma un altro inquietante ritrovamento ha completato la storia di queste grotte: l’emersione di ossa umane ci fa capire che se provocati, gli Ubaldini non esitavano a confinare in prigione i loro avversari, spesso a tempo indeterminato.

Apecchio

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